Perché essere arbitro è una cosa magica? Mi sono fatto tante domande e ho provato a dare una risposta.
Navigando con i pensieri, ho tratto delle conclusioni e oggi vorrei trasmettere ciò che provo io quando indosso quella fantastica divisa e perché mi sento in dovere di onorarla, partita dopo partita.
L’associazione AIA cosa trasmette?
Appena metti piede in sezione, capisci subito che stai andando alla scoperta di emozioni forti: è un luogo che ti dà tanto. La cosa più preziosa sono i valori sociali che vengono trasmessi. Essa è una famiglia, la tua seconda casa. È come se gli altri associati fossero tutti fratelli e sorelle, pronti ad aiutarsi e a camminare insieme, ostacolo dopo ostacolo.
Partendo dal presidente, troviamo una persona che fa sacrifici per strutturare e organizzare i piani lavorativi. È una figura molto importante per i ragazzi, che vengono aiutati fin da giovani e formati sia in ambito tecnico, ma soprattutto nell’ambito dell’educazione, un punto fondamentale che non deve mai mancare.
Successivamente c’è il designatore: anche lui è una persona che dà tanto alla sua sezione con dedizione e lavoro.
Poi c’è il mister, il pilastro dell’atletica, che ti forma sia dal punto di vista sportivo sia comportamentale.
Affrontati questi temi, voglio tornare alla prima domanda: “Perché essere arbitro è una cosa magica?”.
Una sera, dopo una riunione, mi sono posto due domande: “Perché faccio l’arbitro? Per quale scopo?”.
Io amo il calcio, ma per far parte di questo mondo non basta accendere la TV e guardare le partite: servono studio, impegno e sacrifici. Per rimanere a contatto con questo fantastico sport e grazie alle testimonianze di amici, dentro di me è nata una grande passione per l’arbitraggio, e da allora non è mai svanita.
Ci sono momenti, prima di ogni partita, in cui il cuore batte più forte. Indossare la divisa è un simbolo di responsabilità, concentrazione e passione.
Quando metto piede sul campo, so che non sarò il protagonista del gioco, ma avrò un ruolo fondamentale: garantire che tutto si svolga nel pieno rispetto delle regole.
Diciamo che le due domande sono molto correlate. Fare l’arbitro ti forma anche caratterialmente. Se sei un ragazzo timido e chiuso, scendere in campo la domenica ti aiuta a scoprire aspetti di te stesso che non sapevi di avere. È successo anche a me.
In campo la timidezza sparisce, così come la chiusura in sé stessi. In campo ci sei tu, insieme a 22 giocatori, più mister e dirigenti. Sei tu il leader: detti lo svolgimento della gara, devi dare rispetto ed esigere rispetto dagli altri tesserati.
Questa è esattamente la risposta non solo alla seconda domanda, ma a tutte quelle possibili. Fare l’arbitro significa socializzare con gli altri tesserati, onorare la divisa che indossi perché rappresenti la tua sezione e ripaghi gli sforzi del presidente, del designatore, del mister e di tutto l’organico. E poi, ti trasmette emozioni che solo lo sport sa dare.